MEAB - Museo Etnografico Alta Brianza
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La bachicultura e la sua importanza

Appena si entra nel museo ci si trova in una vecchia cucina che ogni anno, tra maggio e giugno, fino almeno agli anni ’40 del Novecento, veniva destinata all’allevamento del baco da seta. Molti oggetti provengono dalle famiglie dei lavoranti; le incubatrici invece erano dei grandi proprietari della terra, che acquistavano il seme bachi da laboratori specializzati e lo distribuivano per l’allevamento.
Per più di due secoli nel Lecchese la bachicoltura ha avuto grande importanza nell'economia e nella vita quotidiana per i contadini, ed in particolare per le donne. Queste, infatti, oltre ad occuparsi dell'allevamento dei bachi, traevano il filo di seta dai bozzoli nelle filande, dove le giornate interminabili erano alleggerite dal canto collettivo, che in alcuni casi esprimeva la protesta delle operaie.
Il baco si nutre esclusivamente della foglia del gelso, pianta che copriva gran parte delle colline e dell'alta pianura.
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Ciò non favoriva i prodotti del suolo sottostante, ma - come ci ricorda Stefano Jacini, studioso di agricoltura e senatore - il proverbio diceva che “l'ombra del gelso é l'ombra d'oro".
Con un lavoro molto impegnativo, i contadini cercavano di procurarsi, con l’allevamento del baco, un'importantissima entrata di contanti, dopo le ristrettezze della stagione invernale, a condizione che non intervenissero malattie del gelso o del baco. Dalla seconda metà dell’Ottocento, poi, la produzione subì varie flessioni anche per la concorrenza straniera, fino allo smantellamento massiccio delle filande dopo il 1930 e alla loro chiusura negli anni ‘50.
Nelle case coloniche i locali impiegati per la bachicoltura erano in primo luogo la cucina, ma anche altre stanze dotate di camino: il calore ideale per l'allevamento era di circa 23 gradi. Qui si montavano le tavole a graticcio fatte di canne, su cui si alimentavano i bachi con le foglie di gelso. Quando i bozzoli erano stati filati, venivano trasportati ad una filanda vicina o all'ammasso per la vendita. Nella speranza di avere un buon raccolto di bozzoli, talora si seguivano consigli tecnici; più spesso i ragazzi passavano di casa in casa a cantare il cristée per propiziare l'imminente attività di allevamento e soprattutto si pregavano la Madonna e il beato Giobbe, rappresentati insieme su moltissime case coloniche. I pittori popolari, non a caso, mostravano i vermi/bachi uscire dalle piaghe di Giobbe, eletto a patrono della bachicoltura.
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