MEAB - Museo Etnografico Alta Brianza
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Il granoturco: dall’America alla tavola dei contadini

Originario dell’America, il mais è stato a lungo in Europa soltanto una pianta ornamentale da giardino. La sua coltivazione nelle campagne venete e lombarde, attorno al 1630, era ancora occasionale e la proprietà addirittura la osteggiava, temendo che la fertilità del suolo ne risentisse. E' solo nel Settecento che questa pianta alimentare comincia ad avere una diffusione significativa, per raggiungere un'importanza centrale nella produzione agricola tra il 1750 e il 1850.
La sua diffusione nella nostra zona fu voluta più dai contadini che dai proprietari delle terre. Il suo valore commerciale nelle campagne venete e lombarde era scarso, mentre era molto richiesto il frumento, cui i proprietari chiedevano che fosse destinata la maggior parte dei fondi. I contadini, d’altra parte, trovarono nella maggior resa del granoturco una soluzione alla scarsità della terra a loro disposizione. La sua coltivazione, comunque, andò a discapito degli altri cereali minori della tradizione, come la segale, l'orzo, il miglio, l'avena.
I contadini coltivavano il granoturco anche sotto le viti, sulle balze delle colline, dissodando la terra con la vanga, dove non si poteva arrivare con l'aratro. La coltivazione del mais influì in Brianza anche sui patti agrari: da una diffusa mezzadria, a fine Settecento, si passò infatti al fitto a grano, che i proprietari terrieri commercializzavano, ma che induceva i coloni ad un consumo quasi esclusivo di polente e pani di cereali misti.
Anche la rotazione agraria che inizialmente era triennale (frumento-prato-mais), lasciò il posto in molti luoghi a quella biennale (frumento-mais) che dava una maggior disponibilità dei due cereali destinati, rispettivamente, ai consumi di chi acquistava il pane, da un lato, e di chi mangiava sempre polenta, dall’altro.
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Le abitudini alimentari si modificarono e i coloni passarono dal pane di frumento e segale al pan giàalt, alla polenta e alla puult, una polenta molle, talvolta di farina mista gialla e bianca, cui si aggiungeva latte freddo. Ora si mangiava di più, ma si diffuse una nuova e grave malattia da ipovitaminosi - la pellagra - che colpì le zone dove la popolazioni più povera viveva di una dieta troppo poco varia.
Nel museo sono documentate attraverso attrezzi ed immagini le varie fasi della lavorazione tradizionale, dall’aratura all’erpicatura, dalla semina alla raccolta, dalla sgranatura alla essiccazione, alla conservazione.
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Frazione Camporeso, 23851 Galbiate LC
tel.: 0341.240193, fax.: 0341240216
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